Page 50 - Novembre | Dicembre 2024 , I'M Magazine
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e farlo mio. Mi sono dedicato al testo con amore
e già leggendola le prime volte era come stare a
casa, mi veniva naturale. Non l’ho affrontata con
paura ma con devozione e responsabilità. La
paura non è un sentimento che deve accompa-
gnare le cose, altrimenti non vanno fatte.
Cosa hai voluto far emergere dalla comme-
dia?
È una commedia sui sentimenti. Ha quasi cento
anni ed è incentrata sulla figura femminile e ma-
schile. Concetta è quel tipo di donna della Napoli
greca, un pilastro della famiglia. Lei vorrebbe
controllare la realtà, mentre Cupiello vuole con-
trollare, come tutti i maschi, l’immaginazione.
Ha la fantasia del presepe, a lui piace il senti-
mento di pace che gli dà. Quando scopre che la
vita non è un presepe, muore di crepacuore.
Che ricordo hai dell’incontro con
Eduardo?
Eduardo l’ho incontrato per la prima volta nel
’77, come c’è scritto sul siparietto. Sergio Solli mi
disse che cercava comparse per la registrazione
di “Natale in casa Cupiello”, così andai a Cine-
città, lui uscì dallo studio in camicia da notte e
Sergio Solli gli disse “Questo ragazzo vuole fare
la comparsa”, ma lui rispose “Facciamogli dire
qualche battuta così ha diritto alla paga”. Poi
Solli mi confidò che gli aveva detto questo perché
mi aveva visto “secco secco” e pensava che man- “
giassi poco. Era un uomo molto umano, sensi-
bile, che esprimeva forza nel suo viso, era au-
stero come gli uomini di quell’epoca. Quando ero piccolissimo avevo una
I tuoi genitori hanno appoggiato la scelta fantasia, che era quella di vivere in un
di fare l’attore?
Ho frequentato il Liceo classico Umberto, facevo uovo trasparente. C’era tutto il mondo
su e giù da Bacoli, ci impiegavo un’ora. I miei ge-
nitori ci tenevano tanto allo studio. Mio padre mi
avrebbe voluto avvocato come lui, ma io sono
nato per fare l’attore, quindi si sono rassegnati. che nessuno potesse toccarmi.
Già a 17 anni dormivo fuori, non tornavo la Se ci pensi, quello è il palcoscenico.
notte, ero uno spirito libero.
Quando hai capito che avresti fatto l’at-
tore? fuori, lo potevo frequentare senza “
Non so per quale motivo, ma a 13 anni avevo la
netta sensazione che sarei andato a Roma per
fare l’attore. Già da bambino, dalle suore, amavo
recitare e stare sul palcoscenico. Quando ero pic-
colissimo avevo una fantasia, che era quella di
vivere in un uovo trasparente. C’era tutto il
mondo fuori, lo potevo frequentare senza che
nessuno potesse toccarmi. Se ci pensi, quello è il
palcoscenico.
Il palcoscenico ha esorcizzato la tua timi-
dezza?
Sono abbastanza timido, tendo ad essere riservato,
ma sul palcoscenico è come se stessi lì dove non
50 può succedermi nulla. È il posto dove sono più in
contatto con me stesso.
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