Page 28 - Settembre | Ottobre 2020 , I'M Magazine
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figuranti una Madonna con Bambino di Filippino Lippi
            ed un'altra Madonna con Bambino con San Giovan-
            nino presumibilmente opera di Pedros Ruviales. Nel
            basso un'opera dello Scarsellino (alias Ippolito Scar-
            sella) - o più probabilmente della sua scuola - ritraente
            una Circoncisione di Gesù.
            Sulle consoles un orologio francese del periodo del Di-
            rettorio (1795-1799) ed un altro orologio d'epoca ro-
            mantica, che raffigura Giovanni II di Valois e Filippo
            l'Ardito.
            Dotati di splendore pittorico che richiama Le Quattro
            Stagioni, i vasi maestosi di porcellana di Sèvres occu-
            pano gli arredi. Furono decorati dalla maestria del pit-
            tore Langlacè, un cadeau di Francesco I alla duchessa
            di Berry e inviati a Napoli nel 1830.
            La Sala Maria Cristina è la più bella delle stanze del
            settore ovest del palazzo, con terrazza che svetta sul
            Molosiglio sottostante.
            La  Sala dei Fiamminghi è così chiamata per i ritratti
            del Seicento olandese provenienti dalla Galleria Reale
            di Palazzo Francavilla a Chiaia e comprati a Roma per
            Ferdinando IV di Borbone nel 1802. Sulla console è
            posto un rarissimo orologio musicale con carillon di
            Charles Clay, proveniente da Londra e risalente al
            1730. Al centro della sala vi è una fioriera con una gab-
            bietta per uccelli attribuita alla Manifattura Popov di
            Gorbunovo presso Mosca, donata dallo Zar Nicola I a
            Ferdinando II in occasione del suo viaggio a Napoli
            nel1846, il soffitto, infine, riporta gli stemmi delle pro-
            vince del Regno.
            Degna di nota è la Sala XIV: Sala del Seicento Napo-
            letano, una delle tante sale che compongono l'apparta-
            mento di Maria Amalia di Sassonia, sposa di Carlo III
            di Borbone; in questa sala sono esposti dipinti del Sei-
            cento Napoletano.
            Straordinario il soffitto con una particolare decora-
            zione a "ramages" di stucchi bianchi e oro in stile ro-
            cocò risalente al Settecento.
            Anche il raffinato soffitto della Sala di Luca Giordano
            è decorato con stucchi bianco – oro e i mobili sono di
            stile neo-rococò, di pregiata manifattura napoletana.
            Passando per la Sala della pittura del Seicento, si
            giunge al salone d'Ercole, già Sala dei Viceré.
            L'assetto risale alla metà del secolo scorso quando ac-
            quisì la funzione settecentesca di salone da ballo. Da
            notare anche l'orologio del parigino Thuret, funzio-
            nante dalla prima metà del Settecento che rappresenta
            Atlante che regge il mondo.
            La Sala di Don Chisciotte è l’ultima. Qui sono esposti
            bozzetti di pittori napoletani destinati a diventare mo-  All’interno di Palazzo Reale si
            delli per la tessitura di una serie di arazzi e della fab-
            brica di Napoli, tra il 1758 e il 1779, oggi al Palazzo del  può visitare l’Appartamento
            Quirinale a Roma. Il tema riprodotto è quello delle av-
            venture del Don Chisciotte.                      Reale che dal 1919 è adibito
            Il Teatro di Corte e la Cappella Reale chiudono il cer-
            chio delle sale interne.                         a museo con il nome di
            Il Teatrino di Corte nacque per volere di Ferdinando
            Fuga, che lo fece allestire nella Gran Sala. Per rispet-  Appartamento Storico, le cui
            tabilità e decoro, i viceré non potevano recarsi a teatro,
            così fu il teatro che andò da loro, facendosi spazio tra  stanze e arredi conservano
            l’ampia sala che divenne ambiente di rappresentazioni
       28   di opere buffe e ospitò opere di Domenico Cimarosa e  intatto l’aspetto originario.
            Giovanni Paisiello.


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