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DEBORAH




                                 DE LUCA








                      Dietro la consolle un’anima bella





                                                                                       af=fi^of^=`^oilkf
                                                                                    clql=af=qelj=obsbo
                        na donna unica quella che c’è sotto il cari-  Quando hai capito che potevi fare della musica
                        smatico abito della dj internazionale. Un’a-  un lavoro?
                        nima bella, fragile e forte allo stesso tempo,  Ho sempre cercato di lavorare con la musica, qualun-
                Uspietatamente  sincera,  ma  soprattutto     que lavoro facessi: la cameriera, la barista: la musica
                profonda, che si consegna all’interlocutore con rispo-  era sempre con me, mi accompagnava. Non credevo,
                ste che lasciano senza fiato per l’immediatezza, la nu-  però, potessi farne un lavoro, mi hanno incanalato gli
                dità del pensiero, la saggezza. Una donna che porta  altri. Non pensavo di essere all’altezza, era un sogno
                indelebili le tracce di una bambina che si cibava dei  che consideravo irrealizzabile. Il mio obiettivo era
                vinili del papà nei sabati pomeriggio casalinghi, in  solo portare a casa lo stipendio per pagarmi un affitto
                quella Scampia che le è stata madre e che l’ha affa-  ed aiutare i miei genitori. Ancora oggi, quando ci
                mata al punto da darle quella forza per emergere.   penso, non ci credo.

                Deborah, com’è nata la passione per la musica?  La tua vita è stata divisa tra Nord e Sud, ma il
                La passione della musica è nata con me. Ricordo il  tuo cuore è rimasto sempre a Napoli. Cosa rap-
                momento in cui ho scoperto la dance: mio padre mi  presenta per te questa città?
                mise un vinile di Madonna ed io iniziai ad interes-  Ho vissuto molti anni al Nord, ma ho sempre sentito
                sarmi a questo genere. Economicamente in famiglia  l’appartenenza ad un altro luogo. A scuola durante
                eravamo  molto  in  difficoltà,  quindi  pregavo  mia  l’adolescenza ho avuto un periodo difficilissimo, non
                madre di comprarmi le pile che si scaricavano con-  mi capivano e non volevo essere capita. Mi mancava
                tinuamente nel walkman. Ne consumavo tante, cer-  casa e casa mia era Napoli, coi suoi colori, i suoi sa-
                cavo di centellinarle, ma si scaricavano ogni 24 ore,  pori, la musica. Per me Napoli è una mamma e noi
                ricordo che la musica rallentava ed io andavo in  siamo tutti figli, tutti fratelli. Napoli è madre e Dio
       50       crisi.                                        insieme. Non si può spiegare a chi non è napoletano,




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