Page 54 - Marzo | Aprile 2023 , I'M Magazine
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Sangro,  noto  alchimista.  A  realiz-
            zarla fu Giuseppe Sanmartino ma in
            origine il primo incarico fu affidato
            ad  Antonio  Corradini  che  riuscì  a
            realizzare solo un piccolo bozzetto in
            creta (tutt’oggi conservato nel Museo
            nazionale  di  San  Martino)  poiché
            morì di lì a poco, costringendo di fatto
            la committenza a conferire l’incarico
            ad un altro scultore. Giuseppe San-
            marino riuscì ad andare ben oltre le
            aspettative lasciando alla storia un
            elemento unico nel suo genere. L'ef-
            fetto drammatico e realistico è rag-
            giunto attraverso l'utilizzo di una tec-
            nica di scultura detta “estrazione ne-
            gativa”,  che  consiste  nell'eliminare  Conservata nella Cappella Sansevero questa
            tutto  ciò  che  non  è  necessario  alla
            rappresentazione, lasciando soltanto       statua, realizzata in marmo da Giuseppe
            l'essenza della figura. Questa tecnica,  Sanmartino nel 1753, è il capolavoro più celebre
            unita  alla  maestria  dell'artista,  ha
            permesso di creare un'opera che tra-     dell'intera Cappella nonché uno dei tesori più
            smette un'impressionante sensazione           preziosi dell'arte barocca a Napoli.
            di tridimensionalità e di profondità.
            L’attenta osservazione, dunque, non        Oggi c'è ancora chi pensa che, tra le mura
            lascia  spazio  all’immaginazione:  il
            Cristo velato è un’opera interamente     dell’edificio, il Principe abbia commesso cose
            in  marmo,  ricavata  da  un  unico  indicibili e che dietro le figure, avvolte in sottilissimi
            blocco  di  pietra.  Anche  vari  docu-
            menti coevi alla realizzazione della      veli e reti di pietra, si celino anime innocenti
            statua  lo  attestano,  come  il  docu-       imprigionate per sempre nel marmo.
            mento  conservato  presso  l’Archivio
            Storico del Banco di Napoli, che ri-
            porta un acconto di cinquanta ducati
            a favore di Giuseppe Sanmartino fir-
            mato da Raimondo di Sangro. Nel do-
            cumento, datato 16 dicembre 1752, il
            principe scrive esplicitamente: “E per
            me gli suddetti ducati cinquanta gli
            pagarete al Magnifico Giuseppe San-
            martino in conto della statua di No-
            stro Signore morto coperta da un velo
            ancor di marmo…”. Tra gli estimatori
            dell'opera vi fu Antonio Canova che
            dichiarò che avrebbe dato dieci anni
            di vita pur di essere lo scultore del
            Cristo Velato. Giuseppe Sanmartino
            è riuscito a dare vita ad una statua a
            grandezza naturale (180x80x50 cm)
            che rappresenta il corpo privo di vita
            di Gesù Cristo adagiato su un giaci-
            glio e avvolto dal sudario. Riposto in
            orizzontale  al  centro  della  navata,
            crea un dialogo unico e privilegiato
            con le altre sculture. La testa è posta
            tra due cuscini e ai suoi piedi vi è la
            corona di spine, i chiodi e una tena-
            glia che rappresentano gli strumenti
            della Passione. La grandezza dell’ar-
            tista sta nel fatto di aver saputo rap-
            presentare  tutti  i  particolari  di  un
       54   corpo che pare quasi esalare l'ultimo
            respiro: la vena gonfia e ancora pal-


            i’M  MARZO-APRILE 2023
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