Page 50 - Novembre | Dicembre 2022, I'M Magazine
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quello di Massimo di “Mare Fuori”, ha
            accentuato ancor di più il suo fascino, fa-
            scino che però Carmine non ha mai stru-
            mentalizzato e di cui, forse, non è nem-
            meno pienamente consapevole.                              “
            A testimonianza del suo impegno ci sono
            anche scelte professionali poco scontate      Il senso è che il mare di Napoli,
            e sempre interessanti. Tra i suoi film,
            “Terrarossa” di Giorgio Molteni, “Pesi           visto da dietro alle sbarre,
            leggeri” di Enrico Pau, “Certi bambini”
            di Andrea e Antonio Frazzi, “Tatanka”         attraverso gli occhi dei ragazzi,
            tratto  da  un  racconto  di  Roberto  Sa-
            viano.  Costante  la  sua  collaborazione           rappr              “esenta il futuro
            con Ferzan Özpetek, è stato spesso pro-
            tagonista  dei  suoi  film  come  “Le  fate             e la speranza.
            ignoranti”, “Un giorno perfetto”, “Mine
            vaganti”, “Napoli velata” e la “Dea For-        Ecco perché “Mare Fuori”.
            tuna”. Con la trasposizione teatrale di
            “Mine vaganti” è in tournee in giro per
            l’Italia e sarà al teatro Acacia di Napoli
            a Marzo.
            Molti dei suoi film raccontano la realtà,
            quella più dolorosa e cruda, che è quella
            in cui Carmine ama immergersi. Essere
            nato e cresciuto a Napoli lo avvantaggia,
            perché,  si  sa,  a  Napoli  la  vita  viene
            “spremuta”, nel bene e nel male. In ogni
            angolo della città e in ogni viso che in-
            contri, c’è qualcosa che parla della tra-
            gicità della vita, ma anche della capacità
            di rinascere. Esattamente come avviene
            in  “Mare  Fuori”,  che  è  sua  alla  terza
            serie, in cui Carmine Recano interpreta
            Massimo, il poliziotto del carcere mino-
            rile, prodigo per i “suoi” ragazzi.

            Di recente hai terminato le riprese
            della terza serie di “Mare fuori”, ed è
            in cantiere la quarta. Ce ne parli?
            È una serie molto diversa da quelle “clas-
            siche”. C’è un linguaggio particolare in
            cui il “non detto” dice molto più di tante
            parole.  Per  questo  ci  sono  molti  primi
            piani, molta mimica, sguardi. Questo crea
            verità e fa si che il pubblico empatizzi con
            i personaggi. Tutti, sia adulti che ragazzi,
            sono accomunati da un trauma, che come
            un fil rouge li collega al presente.

            Cosa rappresenta per te Massimo, il
            tuo personaggio?
            Massimo mi ha aiutato a capire la dignità
            del dolore. È paterno e protettivo: questa
            la  chiave  per  costruire  il  rapporto  con
            Carmine,  uno  dei  ragazzi  protagonisti,
            ma anche con tutti gli altri. Ho fatto ap-
            pello al mio senso paterno, riuscendo ad
            essere  autoritario  e  allo  stesso  tempo
            comprensivo.

            Tutti i ragazzi sono bravi e intensi.
       50   C’è stato un grande lavoro dietro?
            Carmine Elia, il regista, è stato eccezio-


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